Si dice che, spesso, quando non ci concediamo di seguire i nostri desideri, a lungo andare questi invadano la nostra mente in maniera dirompente fino a che non li soddisfiamo.
Adesso sono d’accordo anche io! Gli ultimi due anni della mia vita li avevo trascorsi in modo invidiabile; mi ero laureato in giurisprudenza e avevo superato anche l’esame di stato, il mio fidanzamento con Daniela andava a gonfie vele verso il secondo anniversario, ero circondato dall’affetto degli amici. Dei nuovi amici.
Degli amici di Daniela, sarebbe più corretto dire.
Da quando c’eravamo fidanzati ero entrato a far parte del suo giro di amicizie, legami intrecciati fin dalla tenere età essendo loro eredi di genitori che erano già amici da decenni. Così mi ritrovai scaldato dal loro affetto. Niente a che vedere con i miei di amici.
Io venivo da un quartiere di periferia, nessun motivo per vantarsene apertamente; le uniche righe sui giornali riguardavano sparatorie o arresti nell’ambito del giro della droga.
Daniela viveva in un altro mondo; lusso, feste, contratti a tempo indeterminato.
Lei e le sue amiche, cominciai a notare, sembravano uscite dalla stessa fabbrica; pettinate allo stesso modo, parlavano degli stessi argomenti, avevano gli stessi interessi.
Scoprii che facevano le stesse esperienze sessuali nello stesso periodo, quasi come fossero in competizione.
Se durante le scuole si intrattenevano a parlare di sesso orale – fare pompini, per essere chiari – da quel momento facevano a gara per essere le prime e raccontarlo poi alle altre.
Ma non era questo a farmi provare quella sensazione strana allo stomaco.
Lo capii nell’arco di alcune settimane.
Irene era una ragazza che faceva parte del loro giro, anche se, all’inizio non lo comprendevo, non era ben accetta, eppure aveva tutti i requisiti per far parte del club; i suoi genitori possedevano varie attività nel quartiere, era una studentessa modello.
Furono alcuni commenti a farmi aprire gli occhi; Irene era una di loro, certamente, ma aveva una caratteristica che la rendeva, purtroppo per lei, diversa dalle altre.
Daniela e le sue amiche avevano sempre praticato sport e attività fisiche sin dalla fanciullezza.
Sembravano modelle appena uscite da un set fotografico e non tanto per la bellezza del volto –agevolata, questa, dall’aiuto dei genitori nel portarle dal chirurgo di fiducia per correggere ora quella linea del naso, ora quello zigomo o quel neo troppo esteso- quanto per la prestanza del corpo.
In constante dieta, non assumevano nulla che potesse turbare e alterare la tonicità dei loro muscoli,la lucentezza della loro pelle, le proporzioni del loro corpo.
Erano tutte delle belle fighette.
Irene no. Irene era una ragazza in carne, e per questo non meritava la loro accettazione completa.
Ma ad Irene non importava; era messa in minoranza per la sua sovrabbondanza. E stava al loro gioco.
Mi ritrovai a prendere le sue difese, durante una discussione nella quale era assente, senza nessun motivo apparente; mi era simpatica già solo per il fatto di essere antipatica alle altre.
In realtà mi dispiaceva per lei, e quando eravamo presenti alle stesse feste, non scambiavamo molte parole.
Una sera accadde qualcosa di inatteso. Andai in una discoteca con i miei amici; niente a che vedere con quei localini fichetti che frequentava Daniela con le sue amiche o quei posti radical chic nei vecchi quartieri popolari.
Lì intravidi Irene. Solitamente avrei detto che non aveva gusto nel vestirsi, tanto meno nel truccarsi.
Quella ragazza, non aveva la facoltà di valorizzare i punti forti del suo corpo e della sua personalità.
Almeno lo credetti fino a quella sera.
Scoprii, con grande meraviglia, che Irene indossava un abito che non le avevo mai visto prima. Non solo. Aveva acconciato i capelli e truccato il viso con tanta cura, da risultare estremamente semplice.
Ci salutammo frettolosamente e tornammo alle nostre compagnie.
Nei giorni seguenti pensai tanto a quell’incontro, e a quella nuova immagine che avevo di lei.
E capii! L’avevo sempre vista nel mondo di Daniela, e lei non poteva che cercare di adattarsi a quel modo di fare, di sentire.
Quella sera in discoteca, invece, Irene aveva finalmente mostrato se stessa, senza nessun termine di paragone. E questo aspetto lo trovava coinvolgente.
Si rividero una sera, alla solita festa triste e snob, per il compleanno di un fidanzato di una di loro.
Era una serata strana. Daniela non faceva che ocheggiare con le sue amiche, parlando di questioni talmente frivole da spingerlo ad abbondare con gli alcolici per distrarsi. Dopo un paio d’ore, colto mortalmente dalla noia, decisi di fare un giro per la casa in cerca della cantina e di altre bottiglie divino. Tra i vari piani mi persi nel dedalo delle stanze, fino a che mi ritrovai in una camera per gli ospiti.
Non feci in tempo a rigirarmi sui tacchi per uscire, che sentii il rumore della porta che si chiudeva alle mie spalle. Era stata Irena a chiuderla. Per la prima volta, da quando c’avevano presentati,eravamo soli.
E i suoi occhi sembravano diversi, vi lessi qualcosa che non avrei mai scorto in quelli di Daniela.
Irene si piaceva. Irene non aveva bisogno di ricorrere a chissà cosa per poter star bene con se stessa.
Irene era forte, al contrario di quanto avevo sempre immaginato. E aveva personalità.
Mi avvicinai. Le sue labbra erano abbondanti e umide, non avevo mai baciato una bocca così. Lofeci. Lei ricambiò. Le accarezzai gli enormi seni e non resistendo, le tolsi la maglietta.
Le sbottonai anche i pantaloni neri e li tirai giù, fino alle ginocchia. Mi inginocchiai per toccarle il culo grande e sodo. Lei si accarezzava i seni come se non potessero rimanere soli un istante, come se dovessero esplodere da un momento all’altro.
Le tolsi completamente i pantaloni e la feci sedere su una sedia di vimini. Le aprii le gambe e con le dita le spostai le mutande per poterla toccare direttamente. Giocai con le labbra, accarezzandole e sentendole bagnare sotto il mio tocco. Mi piaceva guardarla. La sua carne, le sue rotondità. Ogni accumulo di grasso mi eccitava in maniera esponenziale. Le tolsi anche le mutandine facendo poi sprofondare le mie dita dentro lei. Andai avanti fino quasi a farla venire. Poi mi alzai. La guidai fino a farla inginocchiare davanti a me. Prese a slacciarmi la cintura e poi a sbottonarmi. Feci cadere i jeans. Lei me lo prese subito in bocca. Mi faceva un pompino aiutandosi con la mano. La afferrai per i capelli. Dopo poco la feci girare per prenderla da dietro, aveva un culo enormemente bello e chiaro. Passò una mano dietro la schiena per prenderlo e metterselo dentro da sola. Era bagnatissima. La penetrai in profondità. Lei assecondava i miei movimenti.
Venni in fiotti talmente violenti che feci giusto in tempo a togliermi, schizzandole la schiena,raggiungendo perfino i suoi capelli mossi. Quella fu la mia prima esperienza sessuale con una ragazza grassa.
Giorni dopo lasciai Daniela e cominciai a frequentare Irene.